Molto interessante è questo articolo che evidenzia le interazioni tra la vulnerabilità genetica e l'ambiente, facendoci intuire che esiste un legame molecolare tra l'innato e l'acquisito. Infatti da tali ricerche l'epigenetica ci appare come una memoria biologica duratura che, silenziosamente, unisce il periodo dello sviluppo (i primi mille giorni di vita) e l'età della maturità. Ciò si traduce in marchi molecolari specifici, associati al DNA, senza cambiare la sequenza degli effetti dell'ambiente sul genoma.
E' stato pubblicato recentemente il seguente articolo
Stamatina Tzanoulinou, Stefano Musardo, Alessandro Contestabile, Sebastiano Bariselli, Giulia Casarotto, Elia Magrinelli, Yong-hui Jiang, Denis Jabaudon & Camilla Bellone
Gli autori hanno testato, in un modello animale, le interazioni tra vulnerabilità genetica e ambiente, intendendo per ambiente un'infiammazione acuta. Come esempio di vulnerabilità genetica hanno prodotto un topo con delezione eterozigote del gene Shank3 e hanno dimostrato che la delezione da sola non basta a provocare i sintomi simili autistici, per i quali è necessaria l'interazione con un'infiammazion acuta e con la cascata di fenomeni che essa induce.
Questo è molto interessante e non è per nulla scontato in quanto la mutazione o delezione di Shank3 era ritenuta sufficiente a dare da sola tutta la sintomatologia autistica.
In questo modello animale la sintomatologia simil autistica è regredita con l'inibizione di Trpv4, un gene la cui sovraespressione è stata indotta dall'infiammazione.
La regressione della sintomatologia simil autistica nei roditori si spera sia la premessa per una simile regressione negli umani.
Questo traguardo non è dietro l'angolo, ma le premesse della biologia di base sono la base razionale per le successive sperimentazioni sull'uomo.
Un resoconto divulgativo è stato dato dal Fatto Quotidiano nell'articolo pubblicato in precedenza.